Giorni Felici

Cosa sarebbe successo se…. day11

Giorno felice #883

Questa challenge di novembre sta diventando impegnativa.

Il tema dell’undicesimo giorno è: “Qualcosa per cui hai sempre pensato : cosa sarebbe successo se…” e io so esattamente di cosa parlare, perchè per anni mi sono interrogata su una cosa successa nel lontano 1995.

day11

Ricordate il viaggio in America fatto nel primo anno di università? E dell’architetto di Roma che mi prese in simpatia? Ecco… anche io presi in simpatia lui, ma ad essere onesti direi che mi presi una bella cotta di quelle che si prendono solo a 19 anni per un uomo tanto più grande di te. Una mazzata dalla quale non è stato semplice venir fuori, a dirla tutta.

Comunque, con lui ci si cercava, con discrezione, ma insistenza, durante tutte le giornate. Quando andavamo a pranzo o a cena fuori facevamo sempre in modo di capitare vicini, oppure uno di fronte all’altro. Eravamo in macchine diverse, ma lui appena poteva cercava di fare cambio con qualcuno per chiacchierare con me. Se vedeva che guardavo qualche bel ragazzo passare (e sulla spiaggia di Santa Monica ne passavano certi facendo footing a petto nudo che non potevi non girarti a guardare con cupidigia) lui giocava a fare il geloso. E’ passato dal definirsi il mio fratello maggiore a diventare il mio fidanzato geloso in un paio di giorni. Quando scendevamo per visitare una Architettura lui veniva da me per conoscere la mia opinione, oppure io andavo da lui per sentirmi raccontare la storia di quel posto o di quell’Architetto e lui sapeva aneddoti interessantissimi e divertentissimi. Pendevo letteralmente dalle sue labbra.

E a me batteva forte il cuore per lui, ma cercavo di non darlo a vedere.

Poi arrivammo a Las Vegas e dopo una cena all you can eat al Treasure Island, dove io e lui cenammo fianco a fianco chiacchierando come sempre, la maggior parte del gruppo decise di fare una puntatina nella discoteca dell’hotel per scatenarci un po’. Mentre ero in pista con gli altri, ballando senza troppa convinzione, lui si è avvicinato e, nel frastuono, mi ha chiesto all’orecchio se mi andasse di uscire con lui e altri due a fare un giro sulla Streep. Ovviamente ho detto di si. Ho avvisato la mia compagna di camera che ci saremmo ritrovate in hotel e sono andata con lui.

treasure-island

Purtroppo con noi c’erano anche il suo migliore amico, che sembrava odiarmi più di chiunque altro al mondo solo per il fatto che io ero una matricola ignorante, e il professore per il quale questo amico “simpatico” faceva l’assistente universitario. Loro due sui sedili anteriori, a filosofeggiare sull’urbanistica di Las Vegas, io e il “mio architetto” sui sedili posteriori. Io, zitta, guardavo fuori dal finestrino a pensare a quanto eravamo seduti vicini senza poterci toccare. Lui interveniva solo se interrogato, altrimenti cercava di chiacchierare con me, ma appena ci provava veniva interrotto dall’amico, che aveva sempre qualcosa di più interessante da chiedere. Dopo un lungo giro in auto e una visita all’interno del Ceasar Palace hanno deciso che era ora di tornare in hotel.

A quel punto lui, in maniera molto galante, mi chiese se avrei preferito non stare da sola e si offrì di tenermi compagnia fino al ritorno della mia compagna di stanza.

E io dissi di no.

Lui insisté un pochino.

E io dissi di no.

Pensavo fosse stanco (forse erano le due di notte) e che volesse andare a dormire. Ma soprattutto mi vergognavo al pensiero di rimanere da sola con lui, perchè c’era complicità, era innegabile, ma sempre mascherata in mezzo a tutta la comitiva. E non sapevo cosa sarebbe potuto succedere senza quel filtro dato dalla presenza degli altri. In particolare mi sentivo inesperta e imbarazzata anche solo all’idea di guardarlo negli occhi.

Dissi di no.

E finì che mi diede la buonanotte e andò nella sua camera.

Chiusi la porta della camera che ero già pentita. Avrei voluto aprire subito la porta e dirgli “Aspetta, ci ho ripensato“. Avrei voluto prendere il telefono, chiamare la sua camera e dirgli “Hai ancora voglia di venire a farmi un po’ di compagnia?” ma poi mi sembrava troppo tardi e non l’ho fatto.

Mancavano solo 3 giorni alla fine del viaggio e abbiamo cercato di passare comunque più tempo possibile insieme, a volte riuscendoci, altre no. A volte anche sfidando i pettegolezzi della compagnia, che aveva iniziato a notare il nostro affiatamento e a prendere in giro soprattutto me, perchè più piccola e attaccabile. Lui se ne fregava, io mi vergognavo. A New York mi rifiutai di entrare nel Guggenheim Museum senza di lui, perchè ci eravamo promessi di entrare insieme, noi che amavamo Frank Lloyd Wright più di ogni altro Architetto. Lui arrivò dopo quasi un’ora e mi trovò ad aspettarlo fuori ed era felice che lo avessi aspettato, quasi commosso.

guggenheim

Alla fine del viaggio lui mi ha dato il suo indirizzo di casa, strappandomi la promessa di scrivergli. E scrivergli è stata la prima cosa che ho fatto una volta tornata a casa. E appena lui ha ricevuto la mia lettera, alla quale avevo allegato il numero di telefono di casa (quando ancora non avevamo i cellulari), lui mi ha chiamata e mi ha dato il suo numero e abbiamo preso a telefonarci un paio di volte a settimana, per anni.

Qualche volta si è fatto 250km per venire a trovarmi, qualche volta sono andata io a Roma per vederlo. Mi sono anche trasferita a studiare a Roma per un paio di anni, ma tra noi non è mai successo nulla di nulla e mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se quella notte a Las Vegas gli avessi permesso di venire in camera mia per farmi compagnia.

Non ho mai immaginato nulla di scabroso, ma forse avremmo avuto modo di parlare un po’ di più di noi due e le cose avrebbero potuto prendere una strada diversa.

Sono anche certa che, se anche avessimo iniziato una storia, questa non sarebbe durata per sempre, perchè lui aveva 14 anni più di me e una vita completamente diversa dalla mia, perchè lui aveva paura di vivere e io invece sono sempre stata affamata di vita. E per tutta un’altra serie di motivi che sarebbe troppo lungo spiegare. Rimane il fatto che non viversela è stato in qualche modo sbagliato, perchè mi ha portata per anni ad idealizzare una persona e una situazione che, se fossero state vissute, forse sarebbero state più semplici da dimenticare e superare.

Intensa questa challenge!

6 pensieri riguardo “Cosa sarebbe successo se…. day11

  1. Bellissima questa tua storia!!! Forse è una sfida che accetterei ma forse non è il caso per aprire due SE … ora potevo stare in Finlandia e invece mi ritrovo a Venezia… no no meglio la laguna!!! 🙂 Il secondo SE ehehehe no no non lo scrivo

Scrivi una risposta a progettofelice Cancella risposta