Giorno felice #796
Ho impiegato più tempo di quanto avevo preventivato per terminare Cuori in Atlantide di Stephen King e adesso che devo scrivere le mie opinioni non so da dove iniziare.
Adoro Stephen King e questa non è una novità, ma con questo libro ho avuto difficoltà a carburare. Il libro è diviso in episodi, quasi dei libri ciascuno a se stante, che però hanno dei punti in comune. Punti di difficile individuazione, per lo più. Di solito non leggo libri di racconti, perchè non faccio in tempo ad entrare nella storia, che questa finisce e anche per questo libro è stato così.
Mi sono appassionata al primo racconto a 10 pagine dalla fine. Un racconto strano, ambientato nel 1960, con protagonisti 11enni e presenze soprannaturali che avevano qualcosa di inquietante, ma anche no. Insomma, a cosa serve parlare così tanto degli uomini bassi in giacca gialla per un terzo di libro se poi non compaiono mai più per tutta la restante parte? Alieni? E perchè? E quindi?
Poi ho avuto difficoltà ad entrare nel secondo racconto e quando ero a circa 40 pagine dalla sua fine mi sono iniziata a chiedere dove volesse andare a parare lo scrittore. “Dai, dimmi quello che devi dirmi, se ti perdi in chiacchiere non ce la farai mai in queste poche pagine a dirmi quello che SENTO che vuoi dirmi“, questo pensavo mentre leggevo. Il secondo racconto era ambientato nel 1966 in un campus universitario nel periodo della guerra nel Vietnam e questo era interessante. Ho scoperto di non sapere niente di quel periodo storico e che in effetti è molto interessante e bisogna che cerchi altri libri ambientati nello stesso periodo. Però non si parlava che marginalmente del Vietnam. Per lo più si parlava di Cuori, il gioco di carte che stava rovinando un intero dormitorio di matricole. Bà. Ma a noi che ce ne frega? Chissà.
Il terzo racconto invece è ambientato negli anni 80, dove un personaggio secondario del primo racconto, sopravvissuto al Vietnam, vive da mendicante al centro di Manhattan.
Nel quarto racconto ricompare un altro personaggio secondario del primo racconto, in qualche modo collegato ad un personaggio secondario del secondo racconto, che ricorda scene di guerra sconvolgenti. Anche qui tra l'”istruttivo” e il “senza senso“.
Nell’ultimo, brevissimo racconto, ricompaiono due personaggi principali del primo racconto, ormai adulti, che si ricollegano al vecchio amico degli alieni del primo.
Nostalgia.
Stranezze.
Cose inspiegabili.
Fine.
King scrive sempre molto bene, ma questa volta, secondo me, si è un po’ perso. Ho trovato il libro a tratti noioso, soprattutto all’inizio.
Se dovessi dare un voto, darei un 6.
Non ho capito il senso del libro e forse questo è un mio limite.
Se avesse parlato del Vietnam, dei disturbi, delle difficoltà di vivere quel periodo, ma anche quello successivo, dei sopravvissuti, lo avrei capito di più. Però tutte quelle pagine perse dietro ai tipi bassi con giacca gialla (alieni?) e al gioco di carte degli universitari non le ho capite.
Comunque, si va avanti con i libri da leggere e le sfide.
Domani però, sfide o non sfide, vado a comprarmi l’ultimo libro di Lorenzo Marone, La tristezza ha il sonno leggero, perchè dopo La tentazione di essere felice sento il bisogno di approfondire la conoscenza di questo ottimo autore italiano.
la storia degli uomini bassi in soprabito giallo si capisce meglio se hai letto la saga della Torre Nera (io non l’ho letta ma so che King infila in molti suoi romanzi allusioni più o meno velate alla saga)
Ah ecco…. mi mancavano dei pezzi dunque! La saga della Torre Nera è in wishlist… prima o poi ce la farò a leggere anche quelli!!! Grazie per la segnalazione.
Io non ho letto questo libro, ma avevo visto il film, tratto da uno dei racconti o da alcuni da ciò che leggo.
Oddio…. so che esiste un film tratto da questo libro, ma non me ne sento molto attratta. Tu che lo hai visto sai dirmi com’è?
A me era piaciuto ma non so se rispetta la narrazione del libro.
Bisogna fare un tentativo allora.