Oggi ho terminato il mio #libro15 di 52 libri in un anno: Mi chiamavano piccolo fallimento di Gary Shteyngart.
Si, mi è piaciuto.
Anche se mi ha lasciato addosso un po’ di tristezza e malinconia.
La storia è autobiografica, l’autore racconta la propria vita di ebreo russo immigrato in America. Molta autoironia, molte paranoie, molte difficoltà di immigrato, ma anche di adolescente.
Mi è piaciuto ripercorrere gli anni della mia infanzia e adolescenza (l’autore ha solo qualche anno più di me), fatta di walkman e cuffiette, di film e trasmissioni televisive che ho conosciuto anche io, pur vivendo in Italia.
Quando lui era all’ultimo anno all’Oberlin College, in Ohio, anche io ero in Ohio, al mio primo anno di università, a visitare un altro college, l’Ohio State. Ricordo quanto mi sforzavo di immaginare cosa si provasse ad essere uno studente di un college americano, quante possibilità, quanti stimoli, quante esperienze che io non avrei, e non ho, mai vissuto. In parte Shteyngart ha soddisfatto le mie curiosità, anche se lui era un pessimo studente, troppo dedito all’alcol, alle droghe e all’auto commiserazione, mentre io ero una ottimista anche un po’ secchiona.
Ora non so cosa leggere come #libro16.
Sul comodino ho il nuovissimo Mr. Mercedes di Stephen King, ma non mi sento in vena.
Mi attira molto La casa della gioia di Edith Wharton, ma ho sempre in coda Dracula di Bram Stoker. Che dilemma. Devo decidere entro un’ora!
Nel mentre è iniziata la seconda ed ultima settimana senza coach, impegnato a Sydney con un corso. Sono stanca morta, mi sono allenata con serietà e impegno e adesso vorrei solo buttarmi sul letto a leggere o dormire. Non ho neanche voglia di sedermi a tavola per il pranzo, ma lo farò, perchè ho famissima.